La storia del Leone di Caprera

Con i suoi centoventi anni di età, il Leone di Caprera oltre ad essere un esemplare unico per fattura ed armo, vanta un primato marinaresco mondiale. Fu infatti la prima imbarcazione di quelle dimensioni che nel 1880 compì la prima traversata Atlantica dall'Uruguay all'Italia con a bordo solo tre uomini di equipaggio.

Il "Leone" è lungo poco più di 9m, largo 2,30m e la sua altezza totale è di 1m al centro e di 1,60 m a prua e a poppa. Nel 1879 Vincenzo Fondacaro, di Bagnara Calabra, dopo aver lavorato fin dall'età di 17 anni come comandante per la Marina Mercantile inglese approdò in Uruguay, come egli stesso scrive, con l'intenzione di vedere se la guerra tra il Chile e il Perù portasse 'il pregio di esporre la vita'. Rendendosi conto che sarebbe stato un vendersi la pelle per denaro senza nessuna gloria, tornò alla sua vecchia idea di costruire un battello che gli desse la possibilità di celebrare l'orgoglio e le capacità dei marinai italiani messe in dubbio dai membri delle Marine internazionali dopo la battaglia di Lissa.  

Superate innumerevoli peripezie, prima fra tutte la mancanza di fondi, con l'aiuto del camerotese Pietro Troccoli e dell'anconetano Orlando Grassoni, il comandante Fondacaro arrivò al termine della costruzione del suo battello che, in onore di Giuseppe Garibaldi, chiamò 'Leone di Caprera' e che egli stesso descrive così: "E'costruito in legno di cannella, algarrobo, noce e pino bianco d'America; e la coperta è a doghe larghe un pollice e mezzo, alternate fra noce e pino, tutto inchiodato e foderato in rame, ed ornato in bronzo: insomma è fatto artisticamente col disegno di darlo a qualche museo navale d'Italia e non già per uso del mare".

Finalmente, risolti gli ultimi problemi di approvvigionamento, il 3 ottobre 1880 risoluti e pronti a tutto i tre marinai italiani salparono da Montevideo, tra la diffidenza e lo scetticismo generali, e fecero rotta verso l'Atlantico, lasciandosi alle spalle le onte subite in massima parte dai loro connazionali.
La forgia di quella barca, pensata e costruita per sostenere ogni burrasca, era talmente perfetta da stupire anche i più titolati skipper di oggi e lo era anche perché essi desideravano che fosse donata a un museo.
Durante il viaggio, il comandante Fondacaro condusse esperimenti sull'utilizzo dell'olio per placare le onde del mare in burrasca e arrivò a ritenerlo fattore indispensabile per un'imbarcazione di piccole dimensioni in navigazione d'altura.

Dopo cento giorni passati in mezzo all'Oceano, combattendo il disagio col suono di un' armonica, il 9 gennaio 1881 i nostri 3 connazionali giunsero atterrarono a Las Palmas, dove ricevettero i primi onori. Fecero poi rotta su Gibilterra e Malaga e il 9 giugno 1881 il Leone di Caprera fece il suo ingresso nel porto di Livorno. La sorprendente traversata atlantica condotta dai tre eroi che avevano navigato con in tasca solo la forza dei loro ideali e il loro coraggio, grazie alla loro caparbietà ebbe così felice compimento e il Leone di Caprera conquistò un grande primato nella nostra marineria nazionale.

Il Comandante Fondacaro e i suoi uomini veleggiarono nell'eterno mistero del Mare speranzosi di raggiungere a Caprera Giuseppe Garibaldi e di essere abbracciati da un'Italia che doveva accoglierli come concittadini e come esempio di valore marinaresco, ma le loro speranze e i loro sogni furono disillusi.

L'Italia di allora, sorda al valore di questa impresa, costrinse i tre, caduti in disgrazia, a riprendere la via dell'emigrazione. Vincenzo Fondacaro, inconsolabile comandante, morì nel 1893 nel ventre del Mare, Orlando Grassoni si spense nel 1901, Pietro Troccoli chiuse i suoi occhi a Montevideo nel 1939, narrando ancora del suo straordinario viaggio. Dopo di loro la piccola baleniera peregrinò via terra, senza una degna
dimora.