Il Politecnico di Milano si affianca ad ARIE per il restauro del Leone di Caprera e F.I.V. dà il suo patrocinio

Stretto un accordo fra ARIE Associazione Recupero Imbarcazioni d'Epoca e il Politecnico di Milano per far rivivere una fra le più antiche e importanti imbarcazioni italiane di valore storico.

Il Leone di Caprera, capace il secolo scorso di una memorabile traversata oceanica condotta da tre marinai italiani, è tornato protagonista nel 2007 in occasione del bicentenario della nascita di Giuseppe Garibaldi. La piccola baleniera- di proprietà del Comune di Milano, Civiche Raccolte Storiche Museo del Risorgimento - che fino a marzo 2007 era ospitata ed esposta al pubblico presso la Grotta di Lentiscelle a Marina di Camerota (Salerno), si trova ora a Livorno per i lavori di restauro.

Il Leone di Caprera è tra le imbarcazioni di valore storico più antiche d'Italia e ha suscitato un vivo interesse da parte del Politecnico di Milano che con alcuni docenti e studenti seguirà le diverse fasi del restauro. Da pochi anni la progettazione nautica è diventata materia di studio in alcune Facoltà del Design. L'attenzione è sempre però focalizzata sulla produzione contemporanea, e poco spazio viene lasciato allo studio delle radici culturali da cui la nautica di oggi trae ispirazione felice. In questo contesto il Politecnico di Milano, che con l'Università di Genova ha attivato sia un Master in Yacht Design sia un corso di laurea magistrale in Design navale e nautico, ha colto l'opportunità di aderire all'iniziativa di Arie, per il restauro del Leone.

Docenti e studenti saranno infatti coinvolti nella fase di rilievo e ridisegno dell'imbarcazione, con l'obiettivo di condurre sul tema del restauro del Leone alcune tesi di laurea. Il gruppo è coordinato da Silvia Piardi, responsabile sia del master sia del corso di laurea mentre il prof. Gabriele Guidi si occuperà del rilievo digitale del Leone sperimentando tecniche di ripresa innovative, coadiuvato da alcuni studenti del corso di Milano e di La Spezia. "Si tratta di una prima iniziativa, che speriamo possa fiorire in altre attività tutte rivolte alla valorizzazione delle imbarcazioni storiche, che sono testimonianze importanti della storia e della memoria collettiva." ha dichiarato l'architetto Silvia Piardi, ordinario di Tecnologia dell'Architettura presso il Politecnico di Milano.

Parallelamente alla cooperazione con il Politecnico di Milano è stato anche ottenuto il patrocinio della FIV Federazione Italiana Vela che plaude in toto all'operazione di recupero del Leone di Caprera da parte di ARIE. A proposito di questo riconoscimento il vicepresidente FIV Gianni Paulucci ha dichiarato: "E' questo un patrocinio doveroso in quanto non solo ARIE è un'associazione già riconosciuta dalla FIV ma inoltre il nome della D.ssa Serena Galvani è già di per sé una garanzia più che sufficiente grazie a tutto che ha fatto in passato e che oggi sta facendo per la salvaguardia della nautica storica italiana. Si tratta di un importante passo in avanti che avrà anche risvolti didattici e permetterà il riconoscimento e la valorizzazione delle nostre tradizioni marinaresche grazie al coinvolgimento di studenti e insegnanti."

Relazione sugli interventi di restauro

In seguito all'arrivo in cantiere del cimelio di cui all' oggetto, lo stesso è stato posizionato al coperto presso il Cantiere Old Fashioned Boats di Livorno dove è stato protetto da appositi padiglioni con struttura metallica e tetto in tessuto pesante impermeabile e resa visibile ed accessibile da ogni lato.

Fino all'arrivo in cantiere, il delicato cimelio era sostenuto soltanto dal basso da alcuni corti appoggi in legno, di colore scuro, alcuni dei quali risalenti al periodo in cui l'imbarcazione era ricoverata all'aperto presso il Museo della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano e da altri appoggi, sempre molto corti, realizzati all'epoca del trasporto da Milano a Marina di Camerota.

Questi appoggi sono da subito risultati sottodimensionati e assolutamente inadeguati a sostenere il peso di un'imbarcazione tanto delicata, sia per l'età (1880) che per l'importanza storica. A conferma di questo sono le deformazioni della carena in corrispondenza degli appoggi, cinque per lato, ben evidenti e deleterie per l'integrità dell'imbarcazione stessa.

Si è provveduto a far progettare e costruire un'invasatura completa in metallo realizzata a gabbia, ad anello chiuso, per sostenere l'imbarcazione dal basso e di lato, a prua e a poppa. In questo modo, considerando necessario lo smontaggio dell'intera coperta, si è evitato che l'imbarcazione potesse aprirsi lateralmente e perdere in maniera irreversibile le proprie forme. Si fa inoltre notare che attualmente i sostegni laterali dell'invasatura sono sette e che la chiglia ed i dritti di prora e di poppa sono sostenuti da una decina di traverse metalliche.

Successivamente, si è provveduto a pulire immediatamente la coperta e il fasciame dello scafo mediante asportazione della polvere con aspirapolvere, completando il tutto con delicata rimozione a mezzo di pennelli e spazzole a pelo morbido.

A fianco dell'imbarcazione è stato realizzato un grande piano di appoggio in legno, di dimensioni maggiori della coperta, allo scopo di posizionare tutte le parti smontate della coperta stessa.

Lo smontaggio del ponte di coperta, a suo tempo realizzato a doghe di legno di algarrobo massello, fissati ai pochi bagli di supporto della stessa , è avvenuto solo in seguito alla numerazione di ogni doga e di ogni parte smontata allo scopo di ripristinare, in fase di riposizionamento, l'esatta posizione di ogni parte smontata. Lo smontaggio è stata un'operazione particolarmente lunga, delicata e difficoltosa, in quanto le doghe di coperta erano fissate ai bagli sottostanti con chiodi di rame aventi la punta piegata ad "L" all'interno. Ad aumentarne la difficoltà erano le cattive o pessime condizioni delle doghe di coperta che obbligavano a un maneggio estremamente delicato di ogni parte di essa per evitarne la rottura.

Man mano che la coperta si smontava una doga alla volta, veniva adagiata sul già menzionato piano di appoggio in maniera che risultasse perfettamente riposizionata a lato del cimelio, e con essa tutte le ferramenta rimosse, appoggiate in corrispondenza delle zone da cui erano state smontate.


Nel corso dello smontaggio e della rimozione di tutte le ferramenta in bronzo, della chiodagione, viterie e bullonerie, si è avuta particolare attenzione, a futura memoria, dei metodi di fissaggio di ogni parte della coperta. Tutte le chiodagioni sono state recuperate, per quanto possibile.

Una volta rimosso il ponte di coperta, si è constatato che gli interventi di sostegno della stessa, eseguiti a Milano prima del trasporto del cimelio a Marina di Camerota, erano stati realizzati con tavole di legno fresco che si erano deformate ed erroneamente sostenevano non i bagli, come sarebbe stato logico, ma direttamente la coperta, sottoponendo così le doghe a pressioni ineguali e indebite. Sono stati in seguito smontati tutti i puntelli e le croci di Sant'Andrea che sostenevano le citate tavole di legno, permettendo così l'accesso, sia pure difficoltoso per la poca altezza interna dello scafo, ad ogni parte di esso.

A seguito delle rimozioni di cui sopra, appariva chiaro che l'imbarcazione fu progettata per essere inaffondabile, difatti è rilevabile la presenza di tre serbatoi stagni metallici (probabilmente lamiera di zinco) a dritta, sinistra e a poppavia del pozzetto, oltre a numerosi cilindri metallici disposti dal pozzetto fino alla paratia prodiera, sulle due murate del cimelio e ad un serbatoio metallico a pianta triangolare ad estrema prora. Tutti questi serbatoi sono da considerarsi casse di galleggiamento, non dotate di alcuna apertura.

Sono stati inoltre trovati due serbatoi con bocchettone di imbarco, uno sotto al pagliolo del pozzetto e uno a poppavia della cassa stagna di prora. Aprendo i bocchettoni è ancora avvertibile odore di olio rancido, aspetto, questo, che riporta agli esperimenti eseguiti da Fondacaro in navigazione sull'uso dell'olio per calmare le onde, di cui egli riferisce ampiamente nel suo diario.

Mentre si procedeva allo smontaggio della coperta, venivano realizzati sei bagli in legno lamellare il cui scopo è quello di ricostituire la funzione strutturale di sostegno della coperta ripristinare il bolzone perduto con il cedimento dei bagli originali.

In seguito sono state smontate le mezze paratie laterali, originariamente disposte per chiglia (in senso longitudinale) contro i cilindri di galleggiamento, per tutta la lunghezza libera dello scafo, a dritta e a sinistra. I cilindri di galleggiamento sono stati parimenti rimossi e sbarcati per poter accedere al fasciame interno e ripararne le fasce metalliche di fissaggio.

Sono stati inoltre rimossi i pannelli di copertura a protezione delle casse di galleggiamento nella zona del pozzetto e a prora.

Tutti i residui trovati in sentina sono stati delicatamente asportati e conservati.

Nella gran quantità di legno marcito o allo stato di polvere, trovato tra il fasciame esterno e quello interno, sotto al pozzetto e in sentina, sono stati rinvenuti alcuni oggetti di notevole interesse, ovvero:


- n.4 anelli di ferro, noti come canestrelli, che permettevano alle vele di essere alzate e 
ammainate scorrendo lungo l'inferitura;

- n.1 matassina di sagolino sottile ritorto di tessile;

- n.1 frammento di matassa di stoppa;

- alcuni frammenti di vetro, di colore scuro, ipoteticamente facenti parte di una lampada a olio o a petrolio;

- n.1 piccolo pane di sego, materiale usato per agevolare lo scorrimento dei canestrelli sull'albero al momento di issare la randa, oltre che stagnare, insieme alla stoppa, eventuali infiltrazioni d'acqua.



È da notare che la costruzione è stata realizzata con ordinate in legno massello, fasciame esterno fissato con chiodi di rame e rivestito in carena da fogli di rame su carta o cartapecora indurite.

Si rileva altresì che i bagli di coperta, come spesso nelle costruzioni artigianali, sono montati di piatto e non di coltello, per aumentare l'altezza interna dello scafo, e incastrarsi a mezza coda di rondine nel dormiente; il tutto, purtroppo, a scapito della funzione strutturale. All'interno è montato un secondo fasciame, che irrobustisce la costruzione.

Si rileva inoltre che la parte seriamente danneggiata, perché costituita da legname marcito o affetto da putredine secca, è quella di dritta dell'imbarcazione, mentre la parte di sinistra è in condizioni cattive, ma non pessime come a dritta.